Dragodena e Montetortore

 Il Castello di Montetortore, distante circa 8 km da Zocca, è menzionato per la prima volta nel 1179 quando viene citato in una donazione di terre. L'etimologia del nome è incerta. Tra le versioni più verosimili, figurano la derivazione dal latino Turtur, tortora o, con maggiore verosimiglianza, da Mons trium turrium, cioè monte delle tre torri.

Data la posizione strategica e favorevole, Il Castello e il suo Borgo fortificato furono per lungo tempo contesi fra i comuni di Modena e Bologna. Il Castello si trovava infatti in un punto tale da impedire ogni ulteriore costruzione che ne limitasse la vista.

Quando venne distrutto nella prima metà del '200, fu tempestivamente ricostruito. Pur conoscendo nei secoli alterne vicende fatte di distruzione e incuria, sono ancora presenti alcune testimonianze dell’antico edificio. Fra queste, alcuni resti di muri, un portale ad arco a sesto acuto, una delle torri (trasformata poi in campanile) e una cisterna coperta da una poderosa volta a botte.

La chiesa del Castello, più volte ingrandita nel tempo e danneggiata dai bombardamenti, è stata interamente restaurata. La sua dedicazione a San Geminiano, mantenuta fin dal Medioevo, ha rivendicato nei secoli l'appartenenza del Castello alla città di Modena. La vasta canonica, anch'essa restaurata, è il frutto di diverse fasi costruttive intorno a un primitivo nucleo quattrocentesco, tuttora testimoniato da un portale in arenaria recante tracce di incendi e da feritoie dell'epoca.

oggi Montetortore è una delle frazioni del Comune di Zocca.

 




La località di Dragodena, sotto a Montetortore, è citata, per la prima volta, in un atto di donazione del 1347. L'origine di questo toponimo sembra sia analoga a quella del torrente Dragone che, per il suo corso sinuoso, poteva suggerire l'immagine di un serpente, dal latino draco. Può derivare anche dal draconzio, in latino dragundea, erba medicinale. Il nucleo, oltre ad altri numerosi fabbricati minori, comprende una casa con torre cinquecentesca con cornicione di colombaia in mattoni disposti a denti di sega, finestrelle ad arco a tutto sesto e fori per la nidificazione dei rondoni. Agli angoli della torre sono tuttora visibili i coppi invetriati per impedire l'accesso ai topi al vano della colombaia. Il soffitto di gronda è in laterizio disposto in mensole a T e in corsi a denti di sega. Il portale d'accesso alla casa, di fattura pregevole, presenta bugnature a punta di diamante ed è collocato sotto un portico che sostituisce l'originario balco ligneo. Analogamente, all'interno, alla sommità della scala con volta a botte, si trova una finestra con sedili laterali in pietra ed un altro pregevole portale con al centro lo stemma della famiglia Menzani, nel quale compare anche un pennato (dial. Podetto) che diede origine al soprannome del PodettoMenzani, leggendaria figura di ribelle e bandito tuttora assai presente nella memoria popolare.

Il seicentesco Oratorio della Maternità, che sorge al centro del nucleo, è caratterizzato dalla retrostante sagrestia a pianta semicircolare ed è collocato nella corte di un interessante edificio a balco d'accesso che comprende una torre abbassata al livello della copertura, della quale restano visibili, verso valle, gli elementi di colombaia.

Conclude il luogo una vasta costruzione cinquecentesca addossata ad una massiccia torre abbassata, che difendeva l'accesso all'insediamento.